Il pugile che brillava di luce propria: Panama Al Brown
“Ho conosciuto Al Brown al Caprice Viennois dove dirigeva l’orchestra e saltava la corda. Quello spettacolo mi fu sufficiente per capire che Brown era segnato dal fato, un predestinato, che non somigliava a nessuno, e quindi, a Montmartre, era come un diamante in un secchio di spazzatura. Com’è c’era finito?
Dopo l’avvelenamento subito a Valencia e la perdita del titolo, era nauseato dal ring, la sua ripugnanza arrivava al punto di impedire che in sua presenza si parlasse di boxe. All’inizio gli credetti, pensai che la boxe fosse per lui qualcosa di accessorio, che fosse un ballerino che uccide, ma subito cambiai opinione. Un uomo ha un destino, non due. Al continuava ad essere un fenomeno, un ballerino di seconda categoria, e il suo destino era la boxe. Ma non era facile convincerlo di questo. Mi ci volle molto tempo e un’incredibile astuzia per fargli accettare un ritorno all’ambiente sportivo che detestava, temeva e disprezzava. Soprattutto, aveva paura della folla che ci idolatra e può, un attimo dopo, cambiare bandiera e appenderci ad un fanale”Eduardo Arroyo – dal libro:”Panama Al Brown il ragno del ring”.
La Parigi degli anni ’20 si fermò davanti a questi 175 cm di altezza per 53 kg. Panama Al Brown non si capiva bene chi fosse nella vita, ma una cosa era certa: sembrava non compiere molti sforzi per risultare bravo in tutto quello in cui si dilettava. Non aveva bisogno di dedicare troppo tempo neanche agli allenamenti e d’altronde le notti le passava nei club ma nonostante ciò sembrava avere un dono racchiuso in quel gracile corpo.
I suoi movimenti non erano solo imprevedibili ma a tutti gli effetti inconcepibili. La cosa più divertente è che Al faceva finta di non essere cosciente di avere un’arma letale al posto della mano destra.
Nel 1929 vinse a pieno diritto il titolo mondiale, dopo aver sconfitto tutti quelli che c’erano da sconfiggere. Ma non dopo molti ostacoli posti lungo la strada del raggiungimento del titolo. Ma questo ahimè non aveva niente a che vedere con la bravura del pugile ma solo dal luogo di provenienza. Nonostante ciò, ce la fece. Un giornale londinese scrisse di lui: “Un peso gallo altissimo la cui brillante coordinazione è un autentico miracolo”.